Voci e sounds degli States: Frank Zappa
By Massimo Villa
Il nostro collaboratore Massimo Villa conclude il "suo" viaggio musicale negli States con Frank Zappa, considerato da Villa il più grande e geniale musicista pop americano. La resi per giustificare l'impegnativo giudizio sono rivoluzionarie come il sound di Zappa e forse susciteranno molte polemiche specie tra i critici più severi del cantautore.
Il nostro viaggio attraverso l'America musicale non poteva che concludersi con Frank Zappa, sicuramente uno dei musicisti più seri di tutta la scena pop mondiale, impegnato de anni in un lavoro di critica e "revisione" del mezzo musicale che lui stesso ha scelto per esprimere e divulgare quello che pensa dell'America, dei giovani e della stessa musica.
Con ogni probabilità Zappa condivide poco di tutto quello che ho scritto in queste settimane, forse sarebbe stato più severo di me nel giudicare i personaggi che danno vita al pop americano. La sua battaglia, cominciata nel 1966 con "'Freak out" (il primo album delle Mothers of Invention), contro tutti gli aspetti della vita americana contemporanea e sempre stata particolarmente dura spedo nei confronti di certo country-folk, di certo rock e di certi falsi hippie, che giocano a fare i musicisti.
Il discorso e duplice: obbiettivi e sistemi del lavoro di Zappa. Faccio questa divisione (in realtà assurda) per cercare di spiegare con parole più semplici e comprensibili quello che da parte della critica nostrana si e quasi sempre risolto in un mare informo di giudizi insensati a proposito del «folletto rompipalle, Don Chisciotte sgangherato con il codazzo astruso delle proprie idee» (Bertoncelli, Pop Story, ed. Arcana). L'obbiettivo di Zappa e chiaro: mettere in luce contraddizioni, buffonate, brutture e assurdità della vita americana. Il discorso naturalmente non si ferma all'America, ma vale per tutto il mondo occidentale e quello che nei 1966 poteva essere lontano dalla nostra problematica purtroppo oggi ha un senso ben preciso, dovuta alla "evoluzione" del nostro sistema sociale verso il "Grande modello occidentale", cioè la America della Coca Cola, dei razzismo e dell'intolleranza.
«Frank Zappa e un genio supremo della musica americana contemporanea» (vedi settimanale Rolling Stone, recensione di "Were Are In It Only for the Money"). La genialità di Zappa esiste, non tanto per il tipo di scelte espressive e formali, quanto per l'efficacia con cui il suo linguaggio arriva ad essere concepito dall'ascoltatore Alla base c'e una tecnica compositiva piuttosto lontana da quella tradizionale della musica leggera, normalmente concepita come una sequenza melodica, più o meno orecchiabile, pulita intricata, su cui si inserisce un testo. Zappa non ripudia la melodia come mezzo, ma ne fa un uso particolare.
Innanzitutto le melodie sono caricaturalmente identiche a tipici esempi della moda delle canzonette degli anni '50, oppure si rifanno ad un cantato-recitato collettivo accostabile, credo, alla operetta o alla canzone da varietà di stampo tedesco, cioè simile a quella del film "Cabaret" interpretato da Liza Minnelli. In secondo luogo la melodia viene usata con un accompagnamento quasi sempre un po' "sfasato" rispetto a quello che sarebbe normale attendersi.
Essa compare quindi in forme e modi lontanissimi dalla tradizione compositiva leggera pur traendo le sue origini proprio da alcuni aspetti macroscopicamente caricaturabili di questa tradizione. La melodia e solo parto di un tutto, costituito per il resto da un importante recupero del rumore non necessariamente armonici; i suoni e i rumori si inseriscono sul tessuto melodico (o viceversa), creando un continuo gioco tra momenti cantabili e momenti distruttivi delle abitudini sonore ed auditive di un ascoltatore medio. Questa operazione di "turbabento" delle abitudini e una prassi concepita e intesa proprio per dare fastidio e interrompere quell'ascolto meccanico e fluido che, secondo Zappa (e secondo tutti i compositori di musica "seria" contemporanea) e la radice del non-ascolto e della assimilazione passiva, origine della inutilità della musica commerciale.
Siamo esattamente dalla parte opposta del mondo di procedere di John Lennon, che invece lavora per la creazione di "slogan" sonori efficaci e immediati per il raggiungimento di un contenuto poetico-politico. Le due strade sono, a mio giudizio, egualmente accenabili, me la costruzione cosciente di facili veicoli musicali deve essere subordinata ad una precisa scelta del contenuti e a reali capacità comunicative e artistiche di chi conduce questa operazione tipica della musica di consumo, d'accordo con Lennon, d'accordo con tutti quelli che, anche al di Ia del messaggio politico, sono in grado di trasferire in musica anche semplici verità quotidiane, ma una ferma condanna a chi usa la musica leggera per i propri tornaconti economici, contrabbandando false emozioni e paccottiglia romantica da libri per adolescenti del secolo scorso. Dati questi due elementi, melodico e rumoristico, alla base del procedimento musicale di Zappa sta un lavoro di composizione e collage sonoro che apparirà più chiaro se pensiamo al linguaggio cinematografico: il cinema ci da immagini legate fra di loro da un nesso logico che siamo in grado di assimilare solo per l'esperienza diretta fatta vedendo molti film.
Zappa fa esattamente la stessa cosa con i suoni, accoppia cioè melodie caricaturali a rumori, creando un quadro musicale che, di fatto corrisponde al quadro sonoro della realtà quotidiana: infatti e estremamente raro ascoltare musica senza il disturbo di altri rumori. Se siamo in casa ci può essere lo squillo del telefono, un vicino che strilla, un motorino, ecc.
Questo, a grandi linee e il procedimento compositivo usato da Zappa nel primi anni del suo lavoro. I contenuti erano una continua foroce accusa al mondo americano, all'idiozia e alla passività, alla abitudine a vedere, sentire e accettare una realtà disumanizzante e spaventosa, alla intolleranza nell'accettare tutto ciò che e diverso de uno standard sociale deciso dal mass media, dalla persuasione occulta e da chi comanda.
Una delle parole che ricore di piu in quel dischi e "Plastic", plastificato: plastic people, gente plastificata, dice Zappa dopo aver presentato con sussiego da saltimbanco televisivo: «Signore e signori... il presidente degli Stati Uniti! ». Tutto e plastificato: la vita americana e confezionata in involucri trasparenti come quell della carne e del formaggio al supermercato; le immagini del cantanti, degli attori. I modelli proposti dalla pubblicità sono una assurdità orrenda al di fuori di ogni logica umana e vitale.
Non «un folletto rompipalle, Don Chisciotte sgangherato con il codazzo astruso delle proprie idee», ma un artista cosciente e organizzato nel suo lavoro. Accanto a questo lavoro Zappa ne ha sviluppato un altro che possiamo vedere in una chiave più tradizionalmente musicale: sono gli album come "Hot Rats" e "Chunga's Revenge", esempi limpidissimi di una personalità strumentale notevole e di una vena jazzistica interessante. Il resto e storia recente: gli album con i due cantanti provenienti dai Turtles, un po' troppo giocati sulla caricatura e sui dialoghi (peraltro sempre intelligenti e utili) e l'ultimo, stupendo. "Grand Wazoo", quasi un compendio del discorso sulla musica leggera e, di riflesso, sulla società. Il gioco e noto quasi a tutti: si tratta di una immaginaria battaglia fra i veri musicisti (chitarristi elettrici, sassofonisti, batteristi) e i piagnoni della musichetta commerciale, i falsi cantanti di rock and roll capaci solo di agitare le aste dei microfoni e di sbraitare.
Anche qui quello che conta e la straordinaria realizzazione, quanto mai affidata a un procedimento cinematografico: la musica "vera", molto bella, scritta con eguale cultura e capacita comunicativa e continuamente insidiata dal nascere della versione commercializzata e "plastificata" della stessa idea e dello stesso stile. Di pari passo le musichette commerciali si svuotano pian piano e rinascono vigoroso in una versione piena di senso. La ricchezza di Zappa scrittore e arrangiatore, già notevolmente in evidenza in tutta la sua brillante carriera, in questo album si spiega in modo esemplare, con una enorme capacita tecnica di scrittura e una altrettanto enorme capacita di non essere mai freddo e intellettuale, di non farsi mai sopraffare dalla cultura a scapito della comunicatività.
MASSIMO VILLA