Frank Zappa "Joe's Garage I, II, III"

By Manuel Insolera

Ciao 2001, 17 February 1980


FRANK ZAPPA
Joe's garage, act I
(CBS)
FRANK ZAPPA
Joe's garage, acts II & III
(CBS)

(M.I.) Con il recente doppio "Sheik Yerbouti", Zappa, cambiata casa discografica, aveva ripreso le fila del non dimenticato "Live: New York", per proporci una delle sue opere più significative e vitali da parecchi anni a questa parte. Ebbene, inutile stupirsi più: "Joe's garage" fa ora sembrare lo stesso "Sheik Yerbouti" come un giochetto per bambini: il che è davvero tutto dire! Per introdurre l'argomento, diremo subito che il disco contenente il primo atto di "Joe's garage" è uscito negli Stati Uniti già lo scorso settembre. Zappa stesso la definisce, secondo il suo stile, "una stupida storia": ma i versi di questa stupida storia contengono materiale esplosivo sia in senso politico che sessuale: e come ai vecchi tempi, le radio e le televisioni americane hanno censurato integralmente il lavoro zapiano. Così, a pochissimi mesi di distanza, è uscito un nuovo doppio album, contenente il secondo e il terzo atto della stupida storia, con un linguaggio sempre cattivissimo ma più accettabile dal punto di vista dei mass-media. In Italia, – i due album vengono distribuiti contemporaneamente.

Registrati nel medesimo luogo e con i medesimi musicisti, rappresentano un tutto organico inscindibile, e vanno perciò indubbiamente esaminati e descritti globalmente. Diciamo subito che questo monumento musicale in tre atti possiede almeno due chiavi principali di lettura: esso può essere visto come una "summa" di tutto il lavoro zappiano; e anche, a maggior ragione, come una "summa" di tutta la musica moderna degli ultimi trent'anni.

Prima chiave. Zappa ha esordito in chiave di "follia underground", poi si è evoluto verso la musica contemporanea, di qui è passato all'incontro con il jazz, e infine si è dato al minimalismo e all'elaborazione concettuale. Il tutto, secondo un progetto lucidamente coordinato e seguito. Ebbene, ora il progetto raggiunge il suo acme: in "Joe's garage" tutte le componenti successive dell'evoluzione zappiana trovano riuscitissimo amalgama, in una fusione originale che si serve, come principale strumento di coesione, del rhythm & blues e del rock'n'roll, i principali amori giovanili dello Zappa pre-musicista.

Seconda chiave. "Joe's garage" è il punto di coesione di una serie di riferimenti sia a tutti i generi musicati degli ultimi trent'anni, sia a parecchi stili ben precisi nell'ambito di uno o dell'altro genere musicale. In Zappa tutto, ogni minimo riferimento è ·intenzionale, e un appassionato di musica potrà passare ore a decifrare tutti i riferimenti racchiusi tra i diabolici solchi di "Joe's garage". Nell'ambito degli stili, tutto vi passa: la chitarra gigantesca di Frank fa il verso a Duane Eddy, a John Mclaughlin, a Carlos Santana, a Eric Clapton, e si spinge oltre i limiti parodiando e inseguendo sé stesso. Ma troviamo anche i controcori bassi dei Platters, la surfing-voice dei Beach Boys, la maniera vocale dei Coasters, la psichedelia dei Beatles di "Sgt. Pepper's", i riffs ritmici dei Rolling Stones, gli arrangiamenti pop-orchestrali di Phil Spector, le voci robotiche dei Kraftwerk, eccetera eccetera. Il tutto trasceso e trasfuso dalla sensibilità futuristica e profetica di Zappa, che riesce spesso a far sembrare tutti i musicisti riprodotti e inglobati come dei velleitari dilettanti.

Che dire dei singoli brani? Ognuno di essi è zeppo di riferimenti, irripetibile e probabilmente indefinibile. A puro scopo indicativo, citeremo comunque, sul primo album: l'iniziale 'The central scrutinizer", perverso ed elettronico, e il cui motivo torna a legare tutto il resto dell'opera; "Joe's garage" colossale monumento-fusione tra anni Sessanta e elettronica; lo strumentale "Toad-o-line", un grande saggio chitarristico. E sul secondo album: "Dong work for Yuda", una incredibile fusione rock '50-disco-jazz; "Keep it greasey" e "He used to cut the grass", due festival chitarristici che inglobano samba e hard, jazz ed elettronica; e infine il lungo blues dilatato "Watermelon in eastern hay".