Frank Zappa "Serious Music"
By Paolo Bertrando
FRANK ZAPPA
SERIOUS MUSIC
(ICA Masterworks)
Un Frank Zappa Orchestrale d'annata (1961), con tanto di Satana in veste di narratore potrebbe sembrare invenzione fantasiosa, escogitata per il gusto di sedurre e deludere i seguaci più accaniti del mefistofelico musicista. Invece è pura realtà, a pretar fede alle note di copertina – peraltro attendibilissime – di questo lussuoso bootleg. È un'orchestra acerba, di falso stile hollywoodiano, che vagamente ricorda certi passaggi di 200 Motels, e la registrazione è approssimativa quanto basta a render verosimili i venticinque anni d'età del pezzo: ma iltitolo (The World's Greatest Sinner), la narrativa e certi inconfondibili stacchi percussivi classificano la composizione come totalmente zappiana.
Questo tanto per accennare il primo motivo d'interesse d'un illegale succoso quanto ben curato (l'incisione, pur non digitale, è degna di solchi ufficiali). Ma altri brani dell'album meritano un ascolto molto più documentario. Prima di tutto il celebre quanto inascoltato balletto Sinister Footwear, di cui era nota la sola Part 2, arrangiata per banda rock in Them Or Us. Qui la versione è integrale e orchestrale, occupa tutto il secondo lato del disco con le sue 21 parti, e mostra tutti i pregi e i difetti della recente «musica seria» dell'artista. L'orchestra è arrangiata con bella scelta timbrica e intelligenti sequenze percussive, e dimostra una raggiunta maestria di compositore; ma la troppa serietà del contesto e il movimento a tratti appesantito della macchina musicale la privano della sapidezza e del sarcasmo che restano tuttora le armi zappiane fondamentali. Più gustosi i due più brevi brani del periodo Grand Wazoo, Rdnzl e Inca Road (anche di questa esiste la versione rock, in One Size Fits All), con il loro più agile impasto di fiati ed elettricità caratteristico dell'epoca. Per chi preferisca uno Zappa più rigoroso, c'è la vera chicca del disco, Return Of The Knick Knack People, altro balletto «per piano, percussioni ed effetti sonori». Unpezzo del '78, costruito su pochi insistenti accordi pianistici e un intreccio incredibile di percussioni varie e nastri più o meno accelerati, rutilante e sardonico, che rinnova nella voluta frammentarietà (ma con maggior coesione formale) certi episodi dei tardi anni '60, in particolare la celebrata Lumpy Gravy.
Paolo Bertrando