Frank Zappa Beats The Boots
By Piero Tarantola
L'attività live di Zappa non conosce praticamente soste da molti anni, ne sono prova gli innumerevoli bootleg che incominciano a circolare non appena Frank inizia un nuovo tour. I nostro deve averne abbastanza di tutto questo e, con una mossa francamente inattesa, pubblica otto suoi bootleg, dichiarando ufficialmente guerra ai falsari. I dischi sono uguali in tutto e per tutto (compresa la coperrina) ai bootleg «originali» (se mi è permesso l'uso del termine) e coprono un periodo compreso tra il 1967 e il 1981.
Questa provocatoria operazione si inserisce nel progetto più ampio che Zappa ha iniziato da qualche tempo, con la pubblicazione di moltissimo suo materiale dal vivo. Ne sono prova i quattro volumi fino ad ora usciti della serie «You can't do that on stage anymore» e i CD tratti dal tour «Brodway the Hard Way». L'opera è uscita questa estate ed è stata di fondamentale importanza nel sollevare l'umore del sottoscritto, costretto a passare un canicolare Agosto (ma anche in Luglio non si scherzava), in città. «Beats the boots» dimostra ancora una volta, la geniale capacità di Zappa di proporre suoni sempre nuovi e stimolanti, di creare un mix di generi musicali francamente unico ed inoltre la sua mostruosa abilità come chitarrista.
Eccoci pronti ad analizzare quindi i vari album in questione.
Andiamo in ordine cronologico:
Tis the season to be jelly (Sweden 30.9.67)
The ARK (Boston luglio 1968)
Le Mothers of Invention si erano esibite fino alla pubblicazione del loro album d'esordio «Freak out!» a Los Angeles e dintorni. Godevano di una discreta popolarità locale ma venivano trattate malissimo dalla critica. Gli spertarori dei loro show venivano etichettati come «stupidi» e i concerti definiti «di una noia mortale». Miglior trattamento non aveva ricevuto Freak out. Il lungo brano «The return of the son of the Monster Magnet» era stato definito: una serie di rumori che fanno pensare a un'orda di bestiame macellato». Tutto l'album era stato liquidato con il giudizio sommario «ottanta minuti di pura immondizia».
Di tutt'altro parere si rivela in seguito la critica di New York e di tutta la East Coast in generale ed anche quella Europea. Nel frattempo escono altri importanti dischi come Absolutely Free, We're only in it for the money, Ruben & the jets, Uncle meat. Questi due album live dimostrano cosa erano le Mothers of Invention sul palcoscenico: «Le Mothers sono anzitutto autori di satire musicali e sono il primo gruppo che amalgama con successo il rock e la musica più seria di Stravinsky ed altri. Tanto nella musica come nel look portano avanti elementi controcorrente molto trasgressivi... ».
Queste parole furono scritte all'epoca sul New York Times da Robert Sheldon, celebre critico musicale cui si deve la scoperta di Bob Dylan. In effetti gli intenti parodistici dello show erano evidenti, ma a questo si aggiungevano arrangiamenti in stile fifties, lunghe improvvisazioni di stampo jazzistico, ardite riproposizioni di classici (quelli veri, come Stravinsky o Tchaikovsky) a tempo di rock'n'roll, incursioni nel musical. Tutto questo era condito con resti dissacranti, osceni od umorisitici. «Ascoltare le Mothers of Invention è un avventura prima di affrontare la quale l'ascoltatore deve essere avvertito che ci saranno curve pericolose e cambiamenti bruschi. Parte del repertorio è vagamente psichedelico (ma senza le droghe), parte è una parodia del nonsense della musica dei teenagers degli anni cinquanta. Ci sono notazioni di carattere sociale sulle ipocrisie della vira contemporanea e c'è, per usare una espressione di Mr. Zappa, la «musica musica» (ancora Robert Sheldon).
Sono passati molti anni, ma ascoltando oggi le Mothers dal vivo, possiamo capire come la loro proposta musicale fosse allora estremamente controcorrente. Sorprende, a distanza di tanto tempo, a riscoprire non solo gli sconvolgimenti sonori e l'incredibile accostamenro di generi e suoni che sapeva creare Zappa, ma anche la grande abilità di strumentisti di tutti gli elementi delle due band qui presenti. Su rutti il polinstrumentista Ian Underwood che sarà di fondamentale importanza in album come «Uncle Meat» o «Hot Rats».
«La maggior parte di ciò che ho realizzato tra il 1965 e il 1969 era diretto ad un pubblico abituato ad accettare ciò che gli veniva offerto. Completamente. Qualcuno gli forniva della musica e loro non si ponevano alcuna domanda. Era mia abitudine, a quei tempi, fare cose che li scuoressero da questa condiscendenza, da questa ignoranza, che li spronassero a farsi delle domande...» (Frank Zappa).
Freaks and Motherfu*%!!# (Fillmore East 11.5.70)
Questo album coglie Zappa in uno dei momenti più controversi della sua lunga carriera. Il binomio con gli ex Turtles Volman e Kaylan non lasciò soddisfalla, ai tempi, la critica.
«Fillmore East June 1971» fu il primo live vero e proprio di Zappa (album precedenti come «Weasels ripped my flesh» erano collage di varie incisioni in date e con formazioni diverse) e, allora, non venne considerato del tutto soddisfacente. Fu ugualmente maltrattato «A new band from L. A.» pubblicato nel '72 ma inciso quasi contemporaneamente a Fillmore.
Rispetro ai suoi omologhi questo «Freaks and Mother ... » è registrato circa un anno prima, la band è quasi la stessa, ma abbiamo in più la presenza di George Duke alle tastiere ( e non è poco). I famigerati Flo and Eddie calcano come sempre la mano con risultati alquanto contradditori, ripropongono la loro «Happy together» e appesantiscono più del dovuto classici zappiani come «Call any vegetable» e «Concentration moon». Per fortuna Frank risolleva le sorti con indovinati e puntuali intervenri chitarristici e con qualche geniale levata di capo. Mi piace molto, ad esempio, il particolare arrangiamento di «A holiday in Berlin» tra lo stralunato e il musical, che porla alla conclusione del disco. Tutto sommato l'album è migliore di «Fillmore East 1971» e di «A new band from L. A.», due dei dischi più controversi della sterminata discografia di Zappa.
Piquantique (Stoccolma 21.8.73 Sydney agosto 73)
Questo «Piquantique» viene finalmente a documentare una eccezionale band che fino ad ora, inspiegabilmente, non aveva avuto alcuna documentazione ufficiale dal vivo. «Overnite sensation» fu uno dei dischi di maggiore successo di Zappa, la sua base essenzialmente rock, i testi provocatori, pornografici e sarcastici, gli arrangiamenti funky e i suoi complicati ritmi riuscirono nella quasi impossibile impresa di convincere i vecchi fans e di attrarne di nuovi. Dal vivo la band era tutt'altra cosa.
Innanzitutto solisti di valore come Jean Luc Ponty (violino) e George Duke (tastiere) nel contesto dell'album apparivano decisamente sacrificati mentre dal vivo davano libero sfogo al loro estro. Questo disco è totalmente strumentale e cattura una band in stato di grazia con lunghi brani a cavallo tra improvvisazioni di stampo jazzistico, stilemi rock aggrediti rabbiosamente, momenti free. Ponty e Duke fanno la parte del leone, la chitarra del leader non manca di essere puntuale come sempre, si sente anche il bravo Bruce Fowler in un assolo di trombone mentre Ralph Humphrey alla batteria, Ruth Underwood al vibrafono e Tom Fowler al basso si incaricano di dare ai solisti l'energia necessaria per le loro scorribande sonore.
Strepitoso, è il miglior disco del box, fosse uscito allora avremmo fatto i salti di gioia. Beh, non è mai troppo tardi.
Unmitigated Audacity (Notre Dame Univ. 12.5.74)
L'ossatura della band è la stessa dell'album precedente, manca però Ponty e compare Napoleon Murphy Brock che darà un contributo importante alla ottima riuscita del tour di quell'anno. Anche in questo caso l'album di riferimento (Apostrophe) ha poco a che vedere con il repertorio proposto in questo live. Apostrophe era un «rock-oriented» album che conteneva alcuni brani divenuti poi dei classici come «Cosmik Debris» e «Stink foot», che da allora FZ esegue spesso dal vivo. Il nostro «Unmitigated Audacity» cattura però la band in una lunga riproposizione di vecchi brani da «Freak out!» e «We're only in it for the money» alcuni in versione simile all'originale (cosa in verità non frequente per Zappa) e altri debitamente rivisitati.
L'album si chiude con una cover di Louie Louie e con Camarillo Brillo, canzone che allora spesso Zappa usava come bis. Fa piacere sentire Frank rivisitare il suo primo periodo, l'occasione era forse dovuta alla popolarità data dalle buone vendite di «Overnite sansation» e «Apostrophe». Molta gente che lo aveva conosciuto in queste occasioni non aveva mai sentito i vecchi brani. Si potrebbe anche pensare che Zappa avesse deciso, imprevedibile com'è, di fare un tuffo nel passato. Non sappiamo quindi cosa lo abbia indotto a suonare vecchi hits ma non possiamo che compiacerci della scelta e passiamo oltre.
Saarbrucken 1978 (Saarbrucken 3.9.78) (2 LP 1 CD)
1978: Zappa ha concluso il suo contratto con la Warner ed è in trattative con la Virgin. Non se ne farà poi nulla e l'anno successivo Frank inaugurerà la sua etichetta «Zappa records». Nel frattempo la Warner pubblica materiale d'archivio (eccellente, per la verità) senza il suo consenso.
Si tratta degli LP Studio Tan, Orchestral Favorites e Sleep Dirt. Intanto Zappa prova il materiale che troveremo poi nei suoi album successivi. Sheik Yerbouti, You are what you is, Tinseltown rebellion. È inoltre abitudine di Zappa proporre per lungo tempo brani dal vivo prima della loro pubblicazione su album. Gli spettatori di questo concerto si trovano di fronte quindi ad uno Zappa con molti brani nuovi da proporre, quasi tutti allora inediti.
Si tratta di musica orientata prevalentemente verso il rock, con poche parti strumentali, sostenute quasi interamente dalla chitarra di FZ, scintillante come sempre. La sua precedente casa discografica pubblicava vecchio materiale lasciato nel cassetto ma Frank era già avanti con i suoi progetti musicali. Interessantissimo per chi volesse ascoltare in anteprima lo Zappa degli anni ottanta.
Anyway the wind blow (Parigi 24.2.79) (2 LP 2 CD)
Il doppio album si apre con uno dei più intensi assoli di chitarra di Zappa quel «Watermelon in Easter Hay» che poi troverà posto, debitamente allungato e rielaborato, sul terzo volume di Joe's Garage (il volume uno uscirà l'estate di quell'anno) per proseguire poi con «Dead girls of London» un brano conosciuto da tempo nella sua veste illegale perché vede Zappa addirittura con Van
Morrison (!!) e mai pubblicato ufficialmente. La band è simile a quella di Saarbrucken 1978 precedentemente citato. Va notato che anche qui molti brani sono per il pubblico di allora assolutamente inediti e troveranno poi posto negli album successivi di Zappa, colpisce il particolare arrangiamento di Peaches en Regalia, uno dei suoi brani più amati dai fans, e l'eccellente riproposizione di «Brown shoes don't make it» una sorta di rock'n'roll porno soap opera con scorribande nel rhythm'n'blues e nella musica contemporanea. E uno dei pochi brani che Zappa ripropone in versione assolutamente fedele all'originale (su Absolutely free, 1967) e che non manca mai di entusiasmare il pubblico. Le parti soliste sono quasi tutte ( come nel disco precedente) sostenute dal leader e la band risulta impeccabile. Grande concerto, ottimo e abbondante.
As an am Zappa (New York 31.10.81)
L'ossatura del gruppo presente in questo album è la stessa di due dischi francamente debolucci come «Ship arriving too late...» e «The man from Utopia». Abbiamo già rilevato recensendo i Cd della serie «You can't do that...» come quella band fosse incomparabilmente migliore dal vivo. Ne è ulteriore prova questo disco che chiude il cofanetto. Zappa ha già pubblicato estratti da questo show: si tratta infatti di un concerto che fu trasmesso per MTV la sera di Halloween. È presumibile quindi che Frank abbia l'intera registrazione del concerto, ma decide ugualmente di pubblicare il bootleg (che riporta, comunque, brani fino ad ora inediti ufficialmente). A questo punto stiamo al gioco e diciamo che «As an Am» ci mostra (ma non è ormai una sorpresa) uno Zappa in splendida forma.
Buona parte dell'album è strumentale, con la band che gira a mille e FZ che lancia la sua chitarra in lunghi e corposi assoli, anche Steve Vai, pure lui alla chitarra, non sfigura affatto. «Young and monde», «Black Napkins» e «Black page» gli episodi migliori ma il concerto si conclude in gloria con «The torture never stops» super classico che non può mancare in un concerto di Zappa. Happy Halloween.
Concludiamo con alcune note per i collezionisti: l'opera, di fondamentale interesse per chi volesse approfondire la conoscenza di quel singolare e geniale personaggio di Frank Zappa, è disponibile in due confezioni LP e CD. Per quanto riguarda gli LP è in vendita un box contenente, oltre ai dischi, gadgets come T shirt e distintivo ed una divertente immagine in rilievo al suo interno. I CD sono invece disponibili singolarmente e non esiste al momento una edizione dei CD in cofanetto. Data la particolare originalità della confezione in vinile e l'assoluta equivalenza della qualità sonora tra LP e CD, per questa volta propendiamo ancora per i vecchi padelloni neri. Sono però stampati in edizione limitata, quindi affrettatevi.
Piero Tarantola
P.S. Ho già visto in giro il bootleg «Tis the season to be jelly» con alcune «bonus track». La guerra continua.