Frank Zappa "You can't do that on stage anymore vol. 6"
By Piero Tarantola
FRANK ZAPPA
«You can't do that on stage anymore vol. 6»
(Rykodisc/CGD CD)
Proprio mentre sulla stampa mondiale compare la notizia dell'annunciato ritiro di Frank Zappa dalla scena musicale esce questo sesto e ultimo volume della serie di doppi CD «You can't do that on stage anymore». Zappa da tempo malato di cancro alla prostata ha deciso quindi di dare l'addio definitivo al mondo della musica, anche se negli ultimi anni, a causa della grave malattia che lo affligge, non aveva pubblicato materiale nuovo.
A tutt'oggi le ultime registrazioni in senso cronologico risalgono al tour del 1988 e le possiamo trovare nei tre CD live «Broadway the hard way», «The best band you've ever heard in your life» (doppio) e «Make a jazz noise here» (doppio). Brani da quella tournee sono inoltre compresi qua e là nei volumi di questa serie. li vuoto lasciato da Zappa è probabilmente incolmabile: il Nostro infatti non ha dato luogo a nessuna «scuola», essendo la sua musica assolutamente atipica rispetto al panorama rock comunemente inteso, sconfinando nel jazz e nella musica contemporanea con solidi agganci al rock 'n 'roll degli anni cinquanta. Se a questo aggiungiamo il contenuto satirico od osceno di molti testi ed una padronanza della chitarra che ha pochi eguali, ci rendiamo conto di come sarà difficile trovare un altro Frank Zappa.
La scaletta dei suoi concerti è sempre stata inoltre imprevedibile, dato che Zappa prepara meticolosamente almeno un centinaio di brani prima di iniziare un nuovo tour. Per questo i suoi show sono sempre stati molto diversi uno dall'altro grazie alla estrema varietà del materiale in programma. Questo CD raccoglie brani che spaziano dal 1970 al 1988 in ordine sparso, senza la prevalenza di un periodo rispetto ad un altro, come avevamo invece trovato in altri volumi della serie. È proprio ascoltando questo collage di spezzoni live che vediamo la coerenza del discorso musicale che Zappa ha iniziato negli anni sessanta. Lo vuol dimostrare anche lo stesso autore mixando due versioni differenti dello stesso brano (Lonesome Cowboy Nando) la prima risalente al 1971, la seconda al 1988, e proponendo, in coda al secondo CD due versioni del finale di 200 Motels, una a dieci anni di distanza dall altra.
L esperimento di mixare tra loro brani eseguiti a vari anni di distanza era già stato tentato con successo anche in precedenti volumi, ulteriore testimonianza del fatto che Zappa abbia sempre considerato la sua musica come un dipanarsi logico e coerente dagli esordi ad oggi. Siamo inoltre convinti che Zappa abbia nei suoi archivi materiale per altrettanti volumi, data l'impressionante serie di concerti che ha tenuto in tutta la sua lunga carriera.
Il CD in questione riporta brani dall'ultimo tour e riascoltiamo con piacere la big band di 12 elementi (con 5 fiati) che FZ aveva messo insieme per l'occasione. In questo caso Zappa riarrangia due brani da «Joe's garage», ripesca la vecchia «Honey don't you want a man like me», si esibisce in qualche gag (Make a sex noise) ed esegue «We're turning again» da «FZ meets the mothers of prevention» uno dei suoi album meno conosciuti. Saltiamo poi ad un medley da «200 Motels», datato 1972 (con Volman e Kaylan, niente male però) per passare a qualcosa da «Zoot Allures» uno dei suoi dischi più «rock», rivisitato in maniera inconsueta come dimostra «Black Napkins» qui addirittura in una band con i fratelli Brecker e Lou Marini ai fiati in una performance del 1979.
FZ rispolvera addirittura «Take your clothes off when you dance» da uno dei suoi album più irriverenti, quel «We're only in it for the money» che nella copertina sbeffeggiava i Beatles di Sgt Pepper's. La versione qui proposta risale al 1978, è completamente strumentale e vede anche la presenza di un violino solista suonato da Shankar, che ricompare anche nell'inedito «Thirteen» registrato nella stessa occasione.
Come i fans ben sanno, Zappa esegue dal vivo materiale per lungo tempo prima di inciderlo in studio, capita così, in questa raccolta, di ascoltare «Father O'blivion» in una sua stesura del 1972, differente da quella che troverà spazio su «Apostrophe» un paio d'anni più tardi.
Sarebbe troppo lungo citare tutti i brani e tutti i musicisti che troviamo in questo sesto volume, devo però notare che, purtroppo, le note di copertina non sono precise come al solito. Poco importa: gli zappomani incalliti si divertiranno a notare che «Lonesome Cowboy Nando» non è inedito essendo sulla falsariga di «Lonesome Cowboy Burt» ed il brano successivo a questo non è nemmeno citato nei titoli di copertina, che «Shove it right in» è in realtà un medley e cosl via. Gli altri non si curino di queste inezie, c'è grande musica tra questi solchi.
Piero Tarantola