Private Zappa

By Armando Gallo

Ciao 2001, 20 February 1987


Dall'archivio della sua memoria, Armando Gallo rispolvera le impressioni del primo incontro con Frank, un personaggio abbastanza diverso dalla fama che lo circonda.

Quando mi trasferii in California da Londra, nel 1975, Frank Zappa fu una delle prime persone che volevo conoscere. A Londra mi era stato difficile essendo Zappa costantemente conteso dalla stampa inglese. L'intervista a Los Angeles mi giunse facile: telefonai al suo agente stampa e nel giro di poche ore mi raggiunse con la conferma.

«Frank ti vedrà alle 10 di questa sera. Sali su per Laurel Canyon, gira a destra a Mulholland Drive e subito ancora a destra per Woodrow Wilson Drive...».

Strana la vita. Abitavo anch'io a Woodrow Wilson Drive, una strada alpina che scorre sopra le colline di Hollywood. Eravamo vicini di casa, io e il vecchio Frank! L'intervista andò benissimo tanto che Frank mi offri una bottiglia rara di Barolo, 1967, accennando al fatto che San Francisco avrebbe fatto meglio a sintonizzarsi a quel vino che al flower power che in fin dei conti aveva introdotto il fumo, l'LSD e tanta musica imbecille, mi disse. Non era nemmeno un fan dei Beatles, anzi.

«Quando cercavo di suonare i primi concerti con i Mothers c'era chi voleva gruppi carini e eleganti... Te li ricordi i Beatles pulitini di quel periodo? ...»

Ascoltammo vecchi nastri dei Mothers fino a notte inoltrata e cosi facemmo in varie occasioni. Mi resi conto che Frank era un vero workaholic, costantemente al lavoro intanato nel suo studio-ufficio. Fumava Winston a catena con continue annaffiate di espresso. Usciva di casa molto raramente e sebbene possedesse una Rolls Royce non aveva la patente. Gail, sua moglie, la usava per andare al mercato. Era orgoglioso di essere italiano-mediterraneo:

«Mio padre era siciliano e mia madre era di nonni italiani, ma sono in parte anche arabo, francese e greco ed essenzialmente americano ... »

Imparai a conoscere l'America proprio attraverso questi incontri con Frank. Mi spiegò allora che i migliori posti da visitare per sentire l'America erano le città del sud. «Trovi gente simpatica, sincera, molto semplice con un grande spirito di comunità. Il governo è riuscito a mantenerli molto ignoranti sul resto della nazione e questo li rende molto genuini. Gli hanno fatto un piacere anche se è molto strano dire ciò perché abbiamo a che fare con molta censura».

Odiava l'America bigotta e puritana. Quando la PFM incise "Chocolate Kings" Frank diventò un fan delta band italiana che proprio su quell'album denunciava l'influenza USA. Frank li voleva produrre, un album chiamato "Fanculo", e li misi in contatto, ma la cosa non si materializzò. Ne fui imbarazzato e persi volontariamente contatto con Frank.

Fino al Natale scorso quando gli telefonai. «Vieni a trovarmi domani alle due». La casa di Woodrow Wilson era molto cambiata. Telecamere, cancelli fino ad arrivare al suo studio-ufficio che era diventato un simpatico bunker. In questi ultimi anni Frank si costruito un funzionale studio d'incisione, cosi pub lavorare completamente a casa.

Eravamo nella sala TV e Frank stava godendo come un bambino: il canale televisivo che trasmette il telegiornale 24 ore su 24 stava facendo esplodere il caso Irangate. Reagan era alle corde e il suo pupillo, il colonnello Oliver North era stato trovato con le mani nel sacco per una caterva di traffici illeciti. «È fantastico!» commentava Frank. «Si stanno scrivendo la migliore sceneggiata per come mandare a quel paese il governo più corrotto che l'America abbia mai avuto. E siamo solo agli inizi; tra qualche mese questa cosa sarà più grossa del Watergate. Questi imbecilli si stanno mandando a fondo da soli... Vieni, andiamo a sentire un po' di musica». Era come ai vecchi tempi. Frank ha sempre qualcosa da farti sentire. Questa vol a però non erano nastri, ma come si sta divertendo con gli ultimi sintetizzatori computerizzati. In pochi attimi aveva immagazzinato tutte le parti di una piccola improvvisata sinfonia.

«Perché non fai una tournée da solo?» gli ho suggerito.

«È una macchina stupenda, ma è ancora molto fragile nei viaggi e negli spostamenti...». Moon Unit entrava. Me la ricordava bambina ...

«Non più, stiamo diventando vecchi, Armando».

Moon ha 19 anni. E Dweezil? A 17 anni sta diventando un teen-age-star.

«È partito ieri per la Svizzera con la sua ragazza, la figlia di Robert Wagner. Era appena tornato da New York e mentre faceva le valige in fretta ha dato un assegno alla madre da mettere in banca. Erano 125 mila dollari per un contrattino di pubblicità. Lavora anche come guest V.J. alla MTV, Don Johnson (Miami Vice) lo ha voluto come chitarrista nel suo album e so che dovrebbe aridare in tournée con Andy Taylor un tizio che era con i Duran Duran. Dovrebbe esserci anche Terry Bozzio cosi la cosa è ok. Il ragazzo sta facendo bene».

«Sei stato tu a fargli incidere il primo album».

«Mi ha letteralmente sorpreso perché voleva diventare un campione di baseball, ma da un giorno all'altro ha lasciato la mazza per la chitarra e voleva subito incidere. Dammi una dozzina di canzoni gli ho detto, e ti produco un album. È stato molto veloce. Ha il futuro assicurato».


Note. This 1975 interview appeared in a more complete version in the Finnish magazine Suosikki in October 1975.