Frank Zappa seconda maniera?

By Sergio Sacchi

Musica e dischi, May 1974


Ogni disco di Frank Zappa rappresenta un grosso avvenimento per il mondo musicale; ma mentre fino a poco tempo fa un avvenimento del genere coincideva sempre con prese di posizione contrastanti, violente ed assolute nel loro incondizionato appoggio e nella loro viscerale condanna, ora sembra che il geniale compositore californiano non sollevi più intorno alla propria figura ed alla propria opera tanti clamori; o, meglio, diciamo che Frank Zappa è ormai diventato universalmente accettato come una delle massime, se non la più grande, espressione musicale del pop.

Quando un personaggio estremamente provocatorio e discusso si trova al centro dell'attenzione generale non più grazie alle violente reazioni che suscita, alle polemiche che alimenta, i casi sono due: o egli ha saputo imporre la propria arte, il proprio modo di fare musica incondizionatamente, oppure ha dovuto adattarsi al gusto generale. Nel caso di Zappa diremmo che sono vere tutte e due le ipotesi; o, forse, nessuna delle due. E questo non per fornire una spiegazione di comodo per cui il "giusto sta sempre nel mezzo".

Zappa è stato per anni il più radicale contestatore della musica contemporanea, il più violento dissacratore dei compositori; spesso informale, dadaista, improvvisatore, giungendo persino, negli spettacoli, a fingere di suonare per sottolineare l'impossibilità d'espressione attraverso la musica, tradizionalmente concepita. E la sua musìca altro non era che un atto di provocazione; ma dietro a questa apparente e forzata bizzarria e stravaganza esisteva la mente di un grande musicista che riusciva, o meglio tentava, di fondere jazz, musica sinfonica, rock alla ricerca. di nuove espressioni. Ma un discorso così complesso non poteva trovare solo entusiasti proseliti.

Soprattutto perché il personaggio Zappa, che per forza di cose non poteva essere disgiunto dalla sua musica, rappresentava un pericoloso ed inaccettabile mito per l'establishement culturale e non solo sociale. Ma, man mano che egli riesce ad imporre la sua genialità creativa, tralascia tanta frammentarietà per proporre un discorso più unitario, formalmente accuratissimo dove niente più è lasciato all'improvvisazione. Grand Wazoo è il capitolo più significativo di questo cambiamento. E King Kong, che vede come protagonista strumentale Jean-Luc Ponty ne è una ulteriore conferma. Poi viene Over-nite sensation, inciso sotto il nome dei suoi Mothers of Invention, che, pur non riuscendo ad essere del tutto convincente, rappresenta comunque una ulteriore tappa di quel processo di "commercializzazione" intrapreso. Ed infine Apostrophe (secondo la busta) o A' pos! tro' phe (!) (come scritto sull'etichetta del disco) appena uscito sul mercato. Scompaiono dall'etichetta le Mothers of Invention che non vengono neanche nominate: è un disco del solo Zappa.

Naturalmente molti degli abituali accompagnatori rimangono, ma non tutti. E ad essi se ne aggiungono altri; tra i nuovi segnaliamo George Duke alle tastiere, Jim Gordon alla batteria, Sugar Cane Harris che affianca Ponty al violino e soprattutto il prestigioso Jack Bruce coautore tra l'altro con Gordon e lo stesso Zappa del brano che dà il titolo all'album.