Frank Zappa - Roxy & Elsewhere

By Riccardo Bertoncelli

Gong, December 1974


FRANK ZAPPA Roxy & Elsewhere (Discreet)

Due dischi sono troppi, per lo Zappa '74. Specie se dal vivo, una volta stabilito che sul palcoscenico l'artista-giullare batte il lucido musicista e dunque smorfie, sorrisi, storielle e gesti senza che scattino le esatte molle sonore.

E parecchio tempo che non rimpiango più Frank Zappa, e non è davvero questa l'occasione per cambiar idea; me lo faccio scivolar addosso, ecco tutto, con le bucce di banana che fanno sparlar d'«avanguardia» gli altri, con l'umorismo di bassa lega che ancora qualcuno ha il coraggio di contrabbandare per santa ironia. Certo però qualche recriminazione si può fare: a Bologna, l'anno scorso, l'aria era piena di magnetismo, di vecchie favole riuscite, e cucire un ottimo live quella serata non sarebbe stato male. Invece la scelta è caduta sui pezzi più ridanciani, sulle boutades tanto frequenti quanto insipide: «Penguin Bondage Bbbboingg», grida Zappa con fare serio, ed è il massimo d'energia che possiamo riconoscergli.

Descrivere i perché di questo scoppio, segnare i punti e le rette di questa geometria al negativo è fatica ardua e sprecata: basti solo sapere che i brani si svolgono con piglio nevrotico, che il rock&roll gira a passeggio col R&B e l'uomo più che cantare «narra», con quella voce stentorea che finirà col procurarci incubi terribili, una sera o l'altra. Delle meraviglie passate, degli strumenti sboccati e dai timbri multicolori tutti zappiani, inutile cercar traccia: ho ancora nelle orecchie il Blessed Relief del Grand Wazoo, e se non sbaglio è l'ultima lettera dell'uomo giunta a destinatario.

Nella jungla dei brani molta confusione, e un vago mal di testa per aggirarvisi. Le prime due facciate muoiono di collasso, con il rosario di Apostrophe sgranato con radicata stoltezza; e poi Pick Up Twilight (con un buon impianto letterario: ma è ben difficile seguire gli slaloms letterari, dell'uomo!), poi la tragica Dummy Up e tutta una serie di fughe chitarristiche e di grandinate al piano. Solo Be Bop Tango, in fondo a tutto, ripropone l'elasticità sonora del vecchio Frankie, nello schema di trombe alla Armstrong che si alzano in cielo e poi vengon giù dritte: ben poca cosa, un «santino» del passato remoto trovato per caso in fondo alle tasche.

«Jazz ain't dead, it only smells funny», urla Zappa, «il jazz non è morto, ha ancora l'odore del divertimento». Peccato però che la stessa cosa non si possa dire della sua musica, ottusa e inutile sino alla crisi di nervi.