Frank Zappa arriva in Italia con il suo mitico sound

By Elio Donato

Qui Giovani, August 30, 1974


L'arrivo di Frank Zappa e delle sue Mothers Of Invention, a fine agosto in Italia (il 30 a Bologna, il 31 a Roma), coincide con la resurrezione dell'artista, che dopo un momento musicalmente oscuro riappare offrendo suoni fra i migliori della sua produzione, coadiuvato da una formazione eccezionale.

Quando, infatti, uscirono "Live At The Fillmore" e successivamente "Just Another Band From L.A. ", poco o nulla era rimasto della musica di Frank; il suono, una volta graffiante e sicuro, appariva vuoto e stanco, come pure i testi e la carica satirica, ciò specialmente per il troppo ampio spazio concesso all'improvvisazione dei due musicisti Howard Kaylan e Mark Volman, ex-Turtles, che tutto sommato hanno deluso in ogni loro manifestazione. Avevamo assistito a due opere assolutamente secondarie rispetto alle grandi realizzazioni zappiane; opere che risentivano di una faciloneria e di una povertà di temi che poco aveva a che fare con l'espressione calibrata dello Zappa precedente e costringevano a pensare ad un definitivo spegnimento dell'astro di uno dei più grossi geni del nostro tempo.

Sia per stanchezza (infatti i pezzi di questi due album erano stati composti molto tempo prima della pubblicazione), sia per "cattiva" compagnia, l'estro dell'artista californiano non riusciva a collocarsi nella giusta dimensione. Al di là delle riproposte di vecchi "hit", eseguiti tra l'altro maldestramente, o di strane improvvisazioni basate su semplici storielle narrate dal due ex-Turtles, in questi LP non succedeva nulla.

Dopo l'incidente di Londra, in cui il chitarrista fu spinto giù dal palco con la conseguente rottura di una gamba, Zappa ha potuto concedersi un periodo di riposo per pensare e ritrovare la sua giusta strada; cosa che è avvenuta puntualmente.

A cavallo dei due dischi "live" si colloca "200 Motels", che merita un discorso a parte; il musicista ha impiegato quattro anni per comporre questa vera e propria opera, che riassume tutti i suoi sperimentalismi elettronici e sinfonici. La composizione, perciò, non si inserisce in un ciclo evolutivo, piuttosto occupa un posto a sè stante (anche se preannunciato da "Lumpy Gravy"), ma maturato in un arco di tempo talmente ampio da sfuggire ad un giudizio che consideri uno svolgimento continuativo della produzione del musicista.

Il microsolco risulta così una divagazione zappiana che pur essendo completa spesso perde di mordente per la eccessiva ricerca del mezzo comunicativo.

A risolvere una situazione critica e stagnante arrivò "Waka/Jawaka" con una formazione ed uno stile musicale nuovl; il sound, da stanco e frammentario, in questo LP prende una forma ampia e vivace; coretti e "riff" del più puro Zappa riprendono vita in una costruzione forte, che si affida ad un uso corale dei fiati.

L'espressione assume una dimensione diversa, agganciata allo Zappa "serio" di "Hot Rats", rivolta ad una apertura verso una musica più robusta, essenziale e senza divagazioni; il suono si fa corposo, teso alla costruzione di un tutto, che presenti nello stesso tempo le matrici di provenienza ed i risultati finali; così abbiamo una musica nitida, spiegata e risolta in ogni passaggio e soprattutto un'espressione senza sbavature. Tutto questo significava la rinascita, ma pur nella sua bellezza e completezza musicale non rappresentava appieno la "pazzia" che aveva sempre contraddistinto il musicista di Los Angeles.

A riconfermare il valore dello artista e fugare ogni preoccupazione di ricadute nel banale è arrivato "Grand Wazoo", perla fra le perle zappiane.

Il discorso corposo e le soluzioni annunciate da "Waka/Jawaka" in questo disco si fanno ancor più precisi e potenti, inseriti in una trama unica che fa apparire l'insieme, prendendo in prestito una frase dello stesso Frank, « un meraviglioso film per le vostre orecchie ».

"Grand Wazoo" è un'opera completa che sintetizza tutti gli spunti migliori di Zappa; l'album è legato a tutta quella produzione che prende il via da "Uncle Meat", continuando con "Burnt Weeny Sandwich" e "Hot Rats", un compendio di musica, genialità ed eccellenti soluzioni. La trama del disco riporta in ballo il vecchio scienziato Uncle Meat, che fa rivivere una intera epoca ed i suoi scontri.

Cletus Awrightus, protagonista di "Grand Wazoo", con la sua armata di fiati e una terribile arma segreta, il "Mystery Horn", ha vinto la guerra contro Mediocrates dei Pedestrium ed i suoi violini; con Cletus risorge Zappa che rioccupa il suo trono nell'olimpo musicale. Confrontata alle storielle insipide raccontate da Volman e Kaylan, pare impossibile che la saga di Cletus sia stata partorita dalla stessa mente.

Dal dicembre 1972, data di pubblicazione di "Grand Wazoo", l'artista ha continuato sulla retta via; compagni di strada ancora una volta le Mothers, che attualmente raccolgono otto fra i migliori musicisti in campo internazionale, Aynsley Dunbar, exJohn Mayall, compagno di Frank dall'epoca di "Chunga's Revenge", batterista fra i migliori del momento, Jean-Luc Ponty, violinista che non ha bisogno di presentazioni, Don Preston, un tastierista che figura con le Mothers fin dalla prima formazione, Erroneus, bassista robusto ed efficace presente in "Waka/Jawàka" e "Grand Wazoo", Sal Marquez e Mark Altschul, rispettivamente trombettista e saxofonista della nuova scuola californiana, da parecchio tempo nell'entourage di Zappa, Ernie Watts uno dei più ricercati saxtenore d'America, chiamato in "Grand Wazoo" per incarnare la parte di Cletus e suonare il Mystery Horn, e infine George Duke, un pianista che ha suonato con i più grandi jazzisti contemporanei e collabora con il chitarrista fin da "Chunga's Revenge".

Con questa super-formazione, Zappa dovrebbe tra pochi giorni calare in Italia; le notizie di altri suoi spettacoli parlano di musica avvincente e significativa, spesso della messa in scena di un'altra opera zappiana, "Greggery Peccary", apparsa solamente in "bootleg"; è evidente che l'artista ha ritrovato la sua verve e ha finalmente equilibrato la parte spettacolare e quella musicale.

Abbiamo sempre avuto visioni, attraverso i dischi, di varie facce del poliedrico musicista, una per volta; con "Lumpy Gravy" si osservò la faccia sperimentale, riconoscente a Edgard Varèse, con "Uncle Meat" si verificò una prima sintesi fra lo sperimentalismo strumentale, la farsa e la musica "seria", con "Hot Rats" apparve solamente la musica "seria"; finalmente pare arrivato il momento di vedere il musicista in tutte le sue dimensioni, almeno da come fa presagire la sua ultima opera. L'accettazione dell'artista diventa a questo punto facilitata; infatti, abbandonata la sperimentazione in favore di una espressione sempre provocatoria pur non arrivando al parossismo, la musica risulta più vigorosa per la sua continuità, pur non rinunciando a' quegli sprazzi o a quei motivi che solo Zappa sa arrangiare trasformandoli da canzoncine in incredibili brani semplici per costituzione, ma eccellenti nel loro sviluppo.

Non si deve credere che questa scelta, indubbiamente "facile" per gli ascoltatori, sia stata dettata da commercialismo od infiacchimento, poichè nella produzione dell'artista ogni opera compiuta si colloca in una precisa posizione, più o meno discutibile, ed ha una sua funzione definita; ogni scelta pare tesa ad un qualcosa che sta per prendere forma da un momento all'altro. Bisogna aver fiducia nell'estro del "folle". A questo punto non rimane che vedere le Mothers in spettacolo. I tempi eroici delle improvvisazioni brucianti dal suono beffardo e graffiante, dei colpi di genio, degli arrangiamenti corrosivi, della critica ironica ed impietosa, che sembravano definitivamente fniti, tornano a rivivere.

ELIO DONATO