Io, Frank
By Paolo Battigelli
Eccentrico, dispotico, carismatico. Genio per alcuni, bluff per altri. Comunque uno dei grandissimi del rock. Paolo Battigelli ne ricostruisce le gesta e dà voce alle sue generose spiegazioni. Uno speciale che comprende anche la completa compactografia e videografia del "baffo che uccide".
No commerciai potential, così un solerte e lungimirante boss della Columbia mericana liquidò le Mothers Of Invention in un lontano giorno del 1966. Oggi, forse, sta ancora percuotendosi il petto. Già, perché, da allora, questo apparentemente sgangherato e sconclusionato ensemble ne ha fatta di strada insieme al suo carismatico leader, da tempo messosi in proprio, di nome Frank Zappa. Alla soglia dei 50, è nato a Baltimora il 21 dicembre 1941, ma splendidamente in forma fisica e creativa, Zappa capeggia quella ristretta cerchia di geni che trent'anni di sconvolgimenti storicomusicali hanno partorito, nutrito e regalato al mondo in tutta la loro lucida follia. "Il compositore contemporaneo si rifiuta di morire'", recita una frase di Edgar Varèse e non è un caso che appaia, a chiare lettere, nelle note che accompagnano il debutto su vinile del Nostro, quel "Freak Out" pietra angolare di tutto l'edificio sonoro zappiano (il loro primo album doppio della storia del rock, non scordiamocelo) e potenziale vetrina di capitoli futuri a nome "Absolutely Free", "We're Only In It For The Money" in assoluto uno dei vertici dissacratori e ironici, e il mega progetto "Uncle Meat". La produzione discografica del cantante-compositore-chitarrista ha, da sempre, vissuto di prosa perfetta nel suo deviante caos; un canto interno fatto di paradossi, di fantasie, di autocompiacimenti all'ennesima potenza, di gusto per l'arabesco: avanguardia, dodecafonia, Cage, lo Schonberg della "pantonalità" e il Varèse di "Ionisation" (il primo disco acquistato da Zappa) e "'Deserts'' frantumati e ridotti a duttile creta da modellare a propria immagine e somiglianza.
La tetralogia citata ne è lucida testimonianza ma anche negli anni Settanta, orfano delle Mothers se non in particolari e memorabili reunion, e all'alba degli Ottanta Zappa ha lasciato dietro di sé semi vitali quali "Apostrophe (')" (1974), "Zoot Allures" (1976), "Sheik Yerbouti" (1979) e i tre atti dell'opera "Joe's Garage" (1979) per andare a parare nei meandri di "Them Or Us" (1984) e la coppia "Does Humour Belong In Music"' (1986) e l'ultimo nato, ma per pochissimo vista la prolificità dell'autore, "You Can't Do That On Stage Anymore'' (1988). L'eclettismo e la polivalenza in ogni campo dello scibile musicale fanno di Zappa un mondo a sé, una entità che sfugge ad ogni classificazione per avvicinarsi alla quale occorrono apertura mentale, intelligenza e una buona dose di humour. Approccio non facile, ma affascinante. Un gioco di specchi che riflettono il chitarrista, il direttore d'orchestra, il regista e, sintesi ultima, l'uomo di spettacolo. Per tutti, un brevissimo vademecum.
"Amo la chitarra sopra ogni cosa ma, qualche anno fa, ho deciso di accantonarla per dedicarmi alla direzione di un'orchestra. Oggi però ho ristabilito il vecchio rapporto con lei, dopo aver capito che, con quella bacchetta in mano, parevo un 'idiota", cosi afferma il maestro nel corso di un'intervista tra il serio e il faceto (comincio a pensare che abbiano coniato questo modo di dire pensando a lui) concessaci in una sorta di sauna finlandese nel backstage del milanese Palatrussardi poco prima di salire sul palco.
Ecco, per chi ama il suono della sua Fender Stratocaster e delle sue Gibson Les Paul e SG, tre raccolte imperdibili: "Shut Up And Play Your Guitar" (vol. I-III), il recentissimo "Guitar" (doppio) e alcune schegge di "Hot Rats" come la grandiosa "Willie The Pimp", nove minuti di puro godimento musicale accompagnati dalla voce roca e sferzante del bravissimo Captain Beefheart. Nelle vesti di novello Arturo Toscanini, il suo modello, lo troviamo invece in "London Symphony Orchestra" (vol. I-III) e "Boulez Conducts Zappa, The Perfect Stranger" (anche se sul podio c'è il famoso compositore francese, le partiture e gli arrangiamenti sono tutti opera di Zappa). In qualità di regista, firma poi il mitico "200 Motels", con un comicissimo Keith Moon e un improbabile Ringo Starr nella parte dell'alter ego di Zappa, "Video Form Hell" , "Baby Snakes" e lo storico "Uncle Meat" tutti, finalmente, disponibili nel formato Home Video. Per finire, l'animale da palcoscenico, l'intrattenitore principe dai risvolti gigioneschi alla Lenny Bruce, morto alla fine del 1966 e di cui Zappa ha prodotto l'album "The Berkeley Concert", e dalle nove vite come un gatto ma, soprattutto, dallo strabiliante talento.
Perché perdermi in missaggi, overdubbing e ritocchi vari quando ho la possibilità di registrare ogni mio concerto digitalmente? Il resto del tempo, meglio impiegarlo in altro modo, ammette con quel suo tipico sorriso nascosto dai folti baffi. E live sia. Tra i moltissimi titoli della sconfinata produzione, sconfinata è certo il termine pià adatto, procuratevi "Fillmore East" (1971), tratto dagli stessi show in cui Frank suona con John Lennon e che compaiono in "Some Time In New York City" dell'ex Beatle, "Just Another Band From L.A." (1972) e "Roxy And Elsewhere" (1974) anche se, capirete, trattandosi di Zappa, la lista completa occuperebbe ben altro spazio. A questo punto avrete un quadro abbastanza chiaro dell'artista, a metà strada tra le pennellate sicure del Picasso de "Les demoiselles d'Avignon" e il tratto migliore di Mirò. Ma uno spaccato verosimile di un tale camaleonte non sarebbe completo senza le sottolineature, le precisazioni e le boutade dell'interessato.
– I tuoi rapporti con la stampa non sono mai stati idilliaci. Paura di essere frainteso o poca fiducia nelle capacità dell'interlocutore?
– Se penso a cosa farò quando la vena creativa sarà esaurita, quando l'estro mi avrà abbandonato mi vedo a scribacchiare fogli e fare domande stupide. Non è per screditare la categoria, ma sono convinto che la musica, in senso lato, vada ascoltata e interpretata secondo i propri metri di giudizio. E' inutile perdersi dietro uno sterile filosofeggiare, tentando chissà quali voli pindarici per decrittare dei suoni. Se chiedi a dieci persone diverse di spiegare "Willie The Pimp", ad esempio, avrai altrettante versioni discordanti. Allora?
– Dal chitarrista al regista, dal direttore d'orchestra al tecnico allo sperimentatore. A quali di queste sfaccettature della tua personalità artistica ti senti di appartenere di più?
– Mi considero un musicista, e con tale termine intendo una miscela di tutti i ruoli che hai citato. Perché l'essere musicista, se sei onesto con te stesso, implica necessariamente una preparazione a largo raggio. Se, invece, vuoi una valutazione attuale, sono tornato ad imbracciare una chitarra dopo quasi quattro anni di inattività. Ho impugnato la bacchetta del direttore d'orchestra ma, al divertimento e all'interesse dei primi tempi è subentrato un senso di inutilità, di disagio.
– La tua discografia supera abbondantemente i 50 album, numero che, entro la fine dell'anno , è destinato ad aumentare di parecchie unità. E' il risultato della fusione del megalomane che vive in te con il megalomane , il narciso che desidera specchiarsi nei chilometri di nastri del suo operato?
– Ho l'abitudine, preziosa a mio vedere, di registrare tutto ciò che faccio (e quando dice "tutto" intende davvero "tutto"). Da qualche anno a questa parte mi porto dietro il mio impianto digitale a 48 piste ma anche prima mi arrangiavo. Poi, con centinaia di ore a disposizione, inizio il processo più creativo ed interessante: la manipolazione. Estraggo dai soli di chitarra, faccio scorrere i nastri al contrario o cambio velocità di esecuzione o, ancora, mescolo più brani dando vita a qualcosa di completamente nuovo.
– Ne sono esempi chiarificatori, il doppio "Guitar" e "Shut Up And Play Your Guitar" prima di lui. Per non parlare delle oltre tredici ore di musica divise in sei CD doppi (attenzione, perchè non'è prevista, se escludiamo un assaggio iniziale, la loro emissione su vinile), che racchiudono il meglio dei tuoi oltre venti anni di concerti. Un modus operandi che ha portato, un esempio per tutti, "While You Were Out" su "Shut Up" a trasformarsi in un pezzo di bravura al computer dal titolo "While You Were Art II" sui solchi di "Jazz From Hell".
– Ritengo che il meglio, tutto o quasi, dello Zappa chitarrista sia già stato eseguito, pensato e inciso. Nel mio studio possiedo, accatastati gli uni sugli altri, centinaia di nastri con tutto quello che Frank Zappa ha fatto. "Guitar" nasce dall"esigema personale di pubblicare un altro capitolo del romanzo "la chitarra secondo F. Zappa". Per quanto riguarda "You Can't Do That On Stage Anymore", è la summa di quanto è rimasto fuori nel corso degli anni; l'ho concepito per il formato CD in quanto ritengo sia, oggi, il miglior modo per godere la musica. Ecco perché la versione CD di "Guitar" contiene una dozzina di pezzi in più.
– Conti di tornare presto in studio con una band al seguito o proseguirai sulla via del Synclavier?
– Entrambe le cose, suonare con un certo gruppo è fantastico dal vivo ma non puoi portarteli dietro in studio. Sto assemblando una line up, redremo. Il Synclavier è l'ottava meraviglia della tecnica applicata alla musica: ti permette di ottenere risultati incredibili, che mettono quasi in ridicolo ogni alternativa.
– Hai fatto da padrino a talenti quali Lowell George, Steve Vai e Adrian Belew. Sei rimasto in contatto con loro?
– Con Steve ci vediamo, di tanto in tanto. Anche con Adrian, ma più raramente . Ricordo ancora quando Vai, allora diciassettenne, mi spedi un nastro: andava ancora a scuola.
– Come vedi chitarristi quali Eddie Van Halen e Yngwie Malmsteen?
– Bravi, anche se non sono il mio tipo. Piacciono a Dweezil, forse è una questione di età. Il problema è però un altro, e cioè che i ragazzi hanno perso la creatività di un tempo riducendosi a copiare gli altri. Per essere bravi e apprezzati, bisogna imitare i grandi di oggi cercando di essere più veloci. Talento uguale velocità di esecuzione: incredibile ma vero.
– Ma anche lei avrà avuto i suoi idoli?
– Certo, come tutti. Ma da loro ho preso l'attitudine verso la musica, il modo di avvicinarmi ad essa: non volevo diventare la loro copia carbone.
– L'arma prima della sua musica è sempre stata l'ironia. Dai tempi lontani di "We're Only In It For The Money" sino alle riedizioni "on stage" di "Stairway To Heaven", del "Bolero" di Ravel (assolutamente incredibile) e agli oltre 15 minuti della esilarante "The Torture Never Stops".
– L'ho ereditata da mio padre, una qualità che hanno un po'tutti dalle sue parti (è originario di Partinico, in Sicilia). Peccato che pochi riescano a percepirla, compiendo errori enormi di valutazione. "We're Only In It For The Money" era una satira sui Beatles e sul fatto che "loro" c'erano dentro solo per i soldi e non noi, come quasi tutti hanno scritto o creduto. L'ironia, cosi come la fantasia sono due qualità importantissimi per un musicista.
– A quale pubblico è più affezionato, quello un po' rockettaro o quello distinto e colto della musica classica?
– Il primo, senza dubbio. L'altro, è più attento a giudicare il vestito di chi gli sta accanto.
– E' vero che per questo tour "Brodway The Hard Way" ha pronta una scaletta di 106 brani?
– Si, mi piace variare il menù ogni sera: altrimenti mi annoio. Poco prima del concerto decido i brani con i musicisti, in questo sono rimasto fedele allo stile delle Mothers Of Invention. Pensa che il tour dura quattro mesi: ebbene, ne sono occorsi altrettanti per le prove!
– Sul CD di "Uncle Meat", ampliato (come è uso di Zappa) di oltre un'ora rispetto al vinile, c'è un brano intitolato "Tengo Na Minchia Tanta".
– L'abbiamo inciso durante il soundcheck del concerto di Palermo, qualche anno fa, io e un tuo collega giornalista. Sai, non butto mai via nulla.
– E se questa chiacchierata finisse un giorno sul vostro giradischi con il titolo magari, di "Live al Palatrussardi's backstage 1988"?
COMPACTOGRAFIA DI FRANK ZAPPA
Come accennavamo, la discografia di Zappa è vastissima e
conta oltre 50 album. Meglio allora dare uno sguardo ai CD
sinora pubblicati, sia per la loro maggiore qualità sonora sia
perché il buon Frank ha personalmente rimissato ogni brano
aggiungendo, quasi in tutti, altro materiale rispetto al
relativo vinile.
Da notare che i titoli disponibili sono a tutt'oggi una
quindicina e, in una ipotetica scala meritocratica, si
riferiscono ai momenti migliori della sua produzione. Da qui il
consiglio, se non di acquistarli, almeno di farveli prestare.
1) We're Only In It For The Money/Lumpy Grave (due
dischi in un solo CD)
2) Apostrophe/Over Nite Sensation (due dischi in un solo CD)
3) The Grand Wazoo
4) London Symphony Orchestra
5) Frank Zappa Meets The Mothers Of Prevention/Jazz From Hell (due in un
CD)
6) Sheik Yerbouti
7) Them Or Us
8) Thing Fish (2 CD)
9) Shut Up And Play Your Guitar (2 CD)
10) Joe's Garage Act I, II, III (2 CD)
11) Freak Out
12) Ruben And The Jets
13) Uncle Meat (2 CD)
14) Hot Rats
15) Guitar (2 CD)
16) You Can't Do That On Stage Anymore Vol. I (2 CD). Trattasi
del primo di sei doppi CD che usciranno entro la fine dell'anno
e contenenti materiale "live" dagli anni Sessanta ad oggi. Tutti
i brani sono, naturalmente, inediti in tali versioni.
VIDEOGRAFIA
200 Motels
Video From Hell
Baby Snakes
Uncle Meat
Does Humor Belong In Music?