Frank Zappa

By Stefano Ronzani

Il Mucchio Selvaggio, September 1988


E un eterno minuetto. Gli anni passati a rincorrere Zappa (e viceversa) sono ormai parecchi. Fin da Freak Out, uscito nel lontano 1966, a metà della produzione (Sleep Dirt, 1979) è stato impegnativo, ma non impossibile, seguire il corso della sua discografia che ha ormai superato le cinquanta emissioni. Anche alcune delle sue opere più controverse o le bizzarrìe degli anni '70 davano un'esatta espressione di quello che era il cammino artistico del Duca delle Prugne, ma da quando i suoi dischi sono divenuti una palestra per esercizi ginnico-musicali è divenuto anche più difficile stargli dietro. Di contro, gli zappiani fedelissimi non mollano; si dannano dietro al loro idolo e impazziscono nei meandri della sua discografia. Gli sono grati perché Zappa è l'unico che sia riuscito a portare il rock oltre la cerchia dei suoi appassionati per mostrarlo ad un pubblico storicamente più esigente, facendo fuori la più grande frustrazione dei rockisti; infatti, ostentare interesse per una musica che non è "dotta" può mettere a disagio: come si fa a sostenere che non esiste differenza qualitativa tra Chopin e i Dream Syndicate se stai parlando con tua nonna?

Zappa è l'unico musicista proveniente dal rock che abbia avuto l'investitura ufficiale di compositore. Si dice di lui che è un "contemporaneo" e, in verità, non gli sono mancati i riconoscimenti illustri (come quelli della London Symphony Orchestra e di Boulez e Mehta), ma ormai la sua produzione ha smesso di tenere conto delle unità di spazio, tempo ed azione. Rispetto alle uscite discografiche, di cui è ormai unico regista, anche lui stesso si comporta come se il suo come se fosse una convenzione o, addirittura, come se fosse un autore scomparso.

Quando muore un artista, inizia g un processo che tutti conosciamo; vengono pubblicate tutte le cose possibili, dagli epistolari agli appunti fissati sui tovaglioli di carta. Il tumultuoso iter zappiano richiede fedeltà assoluta. Solo così si potrà stabilire qualcosa, sottolineare un'opera migliore di un'altra. Per lui non esistono critiche. Occuparsi dei suoi dischi spesso significa solo stabilire il periodo della registrazione, menzionare i partecipanti e rilevare se vi sono differenze tra l'uno e l'altro senza, però, azzardare considerazioni che, nei confronti degli altri musicisti di rock, vengono fatte tranquillamente. Il giudizio è affidato religiosamente a lui stesso, anzi, non esiste. Tutto ciò fa sì che Zappa e gli zappiani abbiano una vita parallela rispetto al rock. Fuori dai giochi subiscono l'effetto di questa scollatura, ma allo stesso tempo sono in un ventre di vacca. Chi li toccherà? Chi oserà (o si prenderà la briga di) andargli a dire che, in Zappa, il mitomane potrebbe aver avuto il sopravvento sul musicista? Nessuno. Anche perché a nessuno frega qualcosa di andarlo a dire o di sentirselo dire.

Ebbene, è ora di dare un taglio a questa storia, e sarà lo stesso vecchio Frank ad aiutarci. La Zappa Records ricomincia da capo. Il primo passo è la pubblicazione di You Can't Do That On Stage Anymore Vol. 1 (ovviamente doppio) che è la prima emissione di una serie in cui vengono ripercorse le tappe di una lunga carriera attraverso la scelta di brani significativi. Questa serie è prevista su compact e l'unico prodotto su vinile è un sampler regolarmente in commercio. È comunque attraverso il digitale che la Zappa Records ripubblica il catalogo in forma sintetica: sono usciti finora Hot Rats, Uncle Meat (con 45 minuti in più rispetto all'originale), Freak Out e Ruben & The Jets completamente rimissati; e con questo tipo di supporto il chitarrista ha già stabilito un primato: è stato il primo a pubblicare un cdsingle; contiene "Peaches In Regalia" ,"Lucille Has Messed My Mind Up" e "I'm Not Satisfied".

Noi l'abbiamo incontrato in occasione del suo recente "Broadway The Hard Way", un tour che prevedeva un gruppo di undici elementi, tra cui Ike Willis, Bobby Martin e Bruce Fowler, e un repertorio di 106 brani (a sua detta) comprendente il Republican Retrospective Medley dove spicca la Watergate-song "Dickie's Such An Asshole", indirizzata a Nixon.

LA MUSICA

Nonostante abbia dichiarato che il periodo con le Mothers sia chiuso, continui ad eseguire molti brani classici dei tuoi primi album. Com'è il tuo rapporto con quel periodo? è più l'amore o il senso professionale che ti spinge a suonare quei pezzi?

In generale non amo le versioni in studio di quel periodo, ma leseguirli dal vivo non c'entra con l'amore perché le composizioni hanno un significato che sussiste al di là della loro collocazione temporale.

Il programma del concerto si differenzia di serata in serata?

Abbiamo preparato 106 brani. Lo show cambia ogni sera e la preparazione ha avuto una durata pari a quella del tour stesso.

Come mai per un periodo hai smesso di suonare la chitarra dal vivo?

L'ho fatto dal 24 dicembre di quattro anni fa fino all'inizio di questo tour, ma l'ho ripresa perché mi sentivo un idiota a stare lì solo per dirigere gli altri.

Hai notato qualche differenza nel pubblico italiano rispetto alle tue esperienze precedenti?

Sì, è migliorato. Ora è più tranquillo e molto più attento che in altre nazioni europee.

Puoi dirci qualcosa sulla serie You Can Do That On Stage Anymore?

Il primo volume è uscito da pochi mesi. Saranno in tutto tredici ore e mezza di musica dal vivo che verranno pubblicate solo su compact doppi e l'ultimo si chiamerà Broadway The Hard Way come questo tour. Tornerò anche a registrare in studio, ma non perché sia meglio. Oggi non è più vero che le registrazioni dal vivo abbiano caratteristiche qualitative minori di quelle in studio.

Le tue innumerevoli uscite discografiche possono disorientare e far sospettare un intento commerciale. C'è qualcosa di vero in questa ipotesi?

Nel 1968 pubblicai We Are Only (?) For The Money, ma era in riferimento ai Beatles che in quel periodo facevano musica solo per denaro. Se lo facessi anch'io non mi porterei dietro un'orchestra di undici elemeti. Le cose vecchie le ripubblico perché è ciò che vogliono i fans (anche se non amo rimissarle).

Sei conosciuto come un perfezionista. Qual è il tuo album meglio riuscito?

Nessuno in particolare perché sono sempre alla ricerca della perfezione che non credo di raggiungere e poi, una volta terminati, non li ascolto più.

Nonostante le tue svariate escursioni in altri generi è essenzialmente il pubblico del rock che ti segue da vent'anni. Ti senti un condannato?

No, assolutamente. Considero il rock una valida forma musicale e apprezzo il suo pubblico perché va ai concerti per ascoltare e per divertirsi mentre quello della lirica e della classica ci va soprattutto per mondanità.

LA FAMIGLIA

Da dove nasce quel misto di rabbia ed ironia che non ti ha mai abbandonato nel corso degli anni?

Probabilmente da Partinico, in Sicilia, che è il mio paese originario.

Cosa pensi di tuo figlio che si sta avvicinando molto bene alla carriera musicale e a quella di rock-star?

Dweezil è un ottimo musicista più che una rock-star. Le rock-star non sarebbero in grado di fare ciò che fa lui.

Odia però Michael Jackson e afferma di non comprendere come tu possa apprezzarlo.

A Dweezil è permesso di non capire suo padre, ma può parlare: è una regola della famiglia.

È vero che nella tua casa nella Valley di Los Angeles c'è un campo di basket dove ti alleni regolarmente?

E tutto falso! Non ho case o campi di basket lì. Ce n'è uno sul tetto dello studio dove giocano i miei figli. Io odio gli sport, e poi, ti sembro un giocatore di basket?

LA POLITICA

Hai qualche preferenza per uno dei candidati alla prossima presidenza degli Stati Uniti?

Non in particolare. Forse per Mario Cuomo.

Sei stato sempre osteggiato dai perbenisti e dai conservatori americani, ma non hai mai accettato passivamente le loro offensive. In questi scontri pensi di aver raggiunto qualche risultato?

Forse sì. Il Parents Music Resource Center mi ha osteggiato in ogni modo, ma io ho contrattaccato pubblicamente e il loro candidato alle presidenziali Tipper Gore è uscito sconfitto dal ballottaggio.

Sei stato l'unico a scendere in campo per sostenere Jello Biafra contro le accuse che ha ricevuto, per offese alla morale pubblica, e per le quali rischiava la prigione. Come mai, tu solo?

Non lo so. Forse avevano paura.

Cosa pensi che sia più pericoloso per tutto il mondo e per il genere umano?

La cattiva salute mentale che affligge molti uomini. È questo che scatena le guerre insieme alla visione deformata delle religioni.

Cosa pensi dei recenti incontri tra Reagan e Gorbaciov?

Che Gorbaciov è stato molto bravo a far apparire il Presidente tale e quale ad una scimmia, ma gli ha fatto comunque un piacere perché Reagan è meno di una scimmia.

IL RESTO

Cosa pensi del video come mezzo di comunicazione?

Mi piace parecchio. Lo trovo uno strumento molto interessante e con molte possibilità, ma è difficile fare cose buone perché le grosse case di distribuzione cercano in tutti i modi di stritolare i produttori indipendenti. Arrivano a ricattare i negozianti costringendoli a tenere solo materiale commerciale ed io sto cercando di adoperarmi in qualche modo per riuscire a creare spazi per i prodotti migliori.

Molti anni fa iniziavi parecchie tue canzonicon il "parlato"; si potrebbe affermare che era una sorta di pre-rap. Cosa pensi di quel genere?

Niente. Una volta c'era il "parlato" e poi la musica. Nel rap, al "parlato" segue sempre il "parlato".

C'è qualche artista che vorresti produrre? Magari qualcosa di strano come facesti con i Grand Funk Railroad?

Mi piacciono degli artisti, ma c'è differenza tra ascoltare e produrre. Quella con i G.F.R. è stata un'esperienza isolata e comunque non intendo farne più perché non mi piace fare il produttore.

Cosa pensi delle manifestazioni benefiche come il Live-Aid?

Bisognerebbe sapere dove vanno a finire i soldi che vengono raccolti, ma per rispondere a questo interrogativo bisognerebbe scoprire anche da dove vengono quelli che servono ad organizzarle.

Hai notizie di Wildman Fischer e di Captain Beefheart?

Del primo non so nulla e Beefheart ora fa il pittore e non vuole più occuparsi di musica.

Hai fatto dei buoni apprezzamenti su Steve Vai. Cosa ne pensi?

Credo che sia un chitarrista molto capace, ma per migliorare dovrebbe abbandonare David Lee Roth.

Cosa c'è di vero nelle voci circa una tua collaborazione con Philip Glass?

Non l'ho mai incontrato!

Nella versione in compact di Uncle Meat c'è un brano che si chiama "Tengo 'na minchia tanta". Da dove sbuca?

Da uno dei sound-check di Palermo nel 1982. L'ho composta insieme al mio amico Massimo Bassoli. L'ho pubblicata perché avevo fatto delle canzoni in tedesco e ho pensato che era ora di farne anche in italiano.

Hai tempo di ascoltare qualcosa di diverso da ciò che fai?

Non ho molto tempo, comunque la cosa che preferisco attualmente è il folk bulgaro.

Cosa disprezzi di più?

La stupidità e le perdite di tempo. Due cose che spesso si ritrovano nelle interviste.

Stefano Ronzani