Così parlò Frank
By Jacopo Benci
"Una delle principali ragioni per cui ho scritto questo libro", scrive Frank Zappa,"é la proliferazione di libri stupidi che almeno all'apparenza trattano di me".
La pubblicazione in Italia di questo libro che non esattamente un'autobiografia; ma di questo diremo più oltre viene a coinci dere con il venticinquennale del debutto di Zappa con i Mothers Of Invention. Il baffuto chitarrista-compositore-polemista di Baltimora aveva all'epoca (1965) diverse caratteristiche che lo rendevano unico nel panorama rock: era in grado di leggere e scrivere musica, aveva un background che univa il R&B, il novelty e la musica contemporanea (Zappa ha sempre rimarcato la sua ammirazione per il compositore franco-americano Edgar Varèse), e soprattutto era su posizioni ferocemente anticonformiste non solo nei confronti dell'establishment, ma anche rispetto alla nascente cultura underground. Il passare degli anni non ha smorzato la vis zappiana, anche se la prolificità del nostro (quasi cinquanta uscite discografiche dal febbraio '66, con punte anche di cinque pubblicazioni in un anno) è andata talvolta a discapito della qualità del pro dotto offerto e soprattutto ha disorientato quanti, pur essendo interessati alle gesta del musicista, non sono disposti ad investire le notevoli somme di denaro necessarie ad accaparrarsi l'intera produzione zappiana su vinile, compact disc, videocassetta e altri supporti.
Il carattere labirintico dell'opera di Zappa ha favorito la proliferazione di pubblicazioni redatte da sedicenti zappologi, di solito hard-core fans che nella più parte dei casi hanno proiettato sul biografato le loro idee e le loro fantasie sulla trasgressività, facendo di Zappa, volta a volta, un personaggio da fumetto alla Robert Crumb, un alfiere della gauche, un pioniere della musica d'avanguardia. Pur avendo qualche tratto di ognuna di queste identità, Zappa non s'identifica precisamente in nessuna e da tutte sfugge, come mostra ad evidenza questo libro, in originale "The Real Frank Zappa Book", titolo che cela una metafora squisitamente musicale: nel campo pop, ma soprattutto in quello jazzistico, strumenti indispensabili dei sessionmen sono i fake books, raccolte di centinaia di brani musicali di cui vengono dati temi e accordi, permettendo al musicista di "falsificarli" (fake), cioé di suonarli a vista anche senza conoscerli. L'imprecisione della maggior parte dei fake books ha portato alla realizzazione dei real books, che dei primi riprendono la formula correggendone gli errori. Questa la funzione del Libro di Zappa nei confronti della pletora di libri su Zappa: come scrive l'autore nell'introduzione, "una delle principali ragioni per cui ho scritto questo libro Ia proliferazione di libri stupidi, scritti in diverse lingues che almeno all'apparenza trattano di me. Ho creduto opportuno che ci fosse almeno un libro, da quaiche parte, che contenesse roba seria sul mio conto".
Abbiamo detto che questo libro non è esattamente un'autobiografia: si divide infatti in tre sezioni distinte, la prima delle quali racconta, con digressioni e salti temporali, la parte pib avvincente della storia zappiana, dall'infanzia del nostro fino al 1975 circa; la seconda espone le opinioni di Zappa riguardo la composizione musicale, i suoi non facili rapporti con musicisti rock e orchestre sinfoniche, I'uso di macchine come il Synclavier, l'industria della musica, la chitarra. La terza (separata dalla precedente da un breve interludio di storie di strada adeguatamente boccaccesche) è dedicata ad illustrare in dettaglio le posizioni politiche e le idee sul sociale di Zappa, che conferma di essere impegnato sul fronte della libertà d'espressione artistica e della tutela del libero arbitrio dei cittadini americani, sottoposti al bombardamento di telepredicatori come Jim Bakker e Jerry Falwell e di gruppi di pressione quali il Parents' Music Resource Center (PMRC), che tenta dal 1985 di imporre una censura sui gruppi e sugli artisti rock la cui immagine e i cui testi sono ritenuti immorali. Ma d'altro canto Zappa dimostra di essere del tutto indifferente al fascino del marxismo ( "Pare Che il signor Gorbaciov sia inciampato in uno dei segreti più occulti della storia sovietica recente: il comunismo non funziona. Va contro una legge di natura fondamentale: la gente vuol possedere le cose"), ed attestato su posizioni democratiche fra il liberal e il radical. Resta da dire dello stile con cui il libro redatto (frutto della collaborazione fra Zappa e il giornalista Peter Occhiogrosso): frizzante e godibilissimo nelle prime due parti ricorda da vicino quello di un suo illustre referente, Groucho Marx diviene più verboso e pesante nella terza parte. Un carattere di Zappa, d'altro canto, è sempre stato quello dell'ipertrofia ai limiti della logorrea, e il nostro non si preoccupato di tagliare le sue tirate contro il PMRC o la sua polemica con la Società Americana dei Compositori. Ma, vivaddio, anche quando va fuori misura rimane intelligentemente crudele, divertente e articolato. Doti, come egli stesso ha sovente sottolineato, rarissime da trovare in una rockstar.
Oggi come venticinque anni.
— Jacopo Benci