Zappa/Ensemble Modern "The yellow shark"
By Maurizio Becker
Zappa
(Barking Pumpkin)
Questa recensione doveva
avere un sapore completamente diverso. All'atto di consegnarla
Zappa, per quanto malconcio, era ancora fra noi e quasi quasi
iniziava a sembrarci immortale. Giocando sul filo del paradosso,
ci sembrava divertente ipotizzare che il Duca fosse in realtà
già trapassato, e che questo "The yellow shark" (come del resto
le prossime inevitabili emissioni) fosse il frutto del lavoro di
un fantomatico Zappa Family Trust, impegnato per statuto a
perpetuare la Leggenda. Purtroppo, la realtà è più banale: il 4
dicembre, in silenzio, Zappa se n'è andato. È stato un anno da
dimenticare, a maggio Sun Ra, adesso lui. In quanto sua ultima
testimonianza in vita, "The yellow shark" è un'autentica manna.
Ma al di là di un mero interesse cronachistico, splende del suo
intrinseco valore musicale: perché per la prima volta, l'ideale
febbrilmente inseguito da Zappa di una messa in scena
orchestrale, classica, colta della sua musica raggiunge qui una
concretizzazione realmente perfetta. Il progetto "The yellow
shark" coinvolge l'Ensemble Modem di Frankfurt, un organico di
diciotto giovani musicisti classici fondato nel 1980 sotto
l'egida della Junge Deutsche Philarmonie, integrato da altri
otto straordinari strumentisti e diretto dal giovane Peter
Rundel; ma anche dal duro lavoro del compositore/ arrangiatore
Ali N. Askin e di Todd Yvega, piccolo mago del Synclavier, il
campionatore di suoni cui Zappa si era da qualche anno dedicato
e che ad esempio ha frullato "The perfect stranger" dell'84,
diretto da Pierre Boulez. Assieme, Askin e Yvega hanno dovuto
trascrivere tutta la musica campionata da Zappa in partiture
leggibili per i musicisti dell'Ensemble. Inoltre, per la prima
volta un'orchestra di estrazione classica ha suonato in maniera
tecnicamente simile a quella adusa nei concerti rock, e cioè con
un'amplificazione: dotati ciascuno di monito da palco, i
ventisei strumentisti arrivavano alle orecchie del pubblico in
sala attraverso un sofisticato sistema a sei canali, secondo un
rigoroso premissaggio scientificamente elaborato da Zappa nella
quiete del suo laboratorio domestico, il mitico Utility Muffin
Research Kitchen. La cura maniacale della diffusione sonora (ma
anche delle trascrizioni, degli arrangiamenti e delle prove, ne
troverete esauriente narrazione nel bel booklet) trova riscontro
nel risultato finale: mai la musica seria cli Zappa, quella
orchestrale e cameristica, ha brillato di luce così pura.
Andreas Moehlich-Zebhauser, manager dell'Ensemble Modern,
sottolinea come Zappa, più di ogni altro compositore (più di
Ives, più di Stravinskij, più di Mahler) sia riuscito a fondere
in un unico linguaggio elementi di musiche e stili terribilmente
lontani tra di loro, senza tuttavia scadere nel dilettantismo né
involgarire alcuna delle matrici originarie. Musica
contemporanea, arrangiamenti di antichi successi ("Uncle meat",
"Pound for a brown", "Dog breath variations"), elementi
jazzistici, scherzi elettronici, tutto convive in un sound unico
e modernissimo: il duello pianistico di "Ruth is sleeping", il
quartetto d'archi in "None of the above", la sorprendente
rilettura del "Be-bop tango", la teatralità di "Food gathering
in post-industrial America, 1992", la satira al vetriolo di
"Welcome to the United States" (recitazione dell'assurdo
questionario fornito dall'Ufficio Immigrazione del Dipartimento
della Giustizia americano e chiunque voglia entrare negli
States), la ubriacante sarabanda della conclusiva "C-Tornado".
Stavolta non è una
nostalgica recensione al Genio che fu: Zappa ci ha riservato il
suo gran finale.
Titoli: Intro, Dog breath
varialions, Uncle meat, Outrage at Valdez, Times beach II, III
revised, The giri in the magnesium dress, Be-bop tango, Ruth is
sleeping, None of the above, Pentagon afternoon, Questi cazzi de
piccione, Times beach III, Food gathering in post-industrial
America 1992, Welcome to the United States, Pound for a brown,
Exercise n. 4, Get whitey, G-spot tornado.