La lezione di Zappa

By Pino Caffarelli

Ciao 2001, 29 December 1993


Questo "Contro" non è contro qualcosa o qualcuno. E' invece l'omaggio ad un uomo che per tre decenni ci ha insegnato ad essere contro, nel senso più pieno ed intelligente della parola: Frank Zappa. Il re dei matti, il demoniaco sacerdote dei freak, il contaminatore per eccellenza, è morto ai primi cli dicembre dopo una lunga ed annunciata malattia. E stavolta con lui non se ne è andata la popstar, l'idolo da amare cd imitare, l'incantatore di folle. Da tempo Zappa non vendeva più dischi, non sollevava audience, trovava risconui solo nella sempre più ristretta cerchia di amici, vecchi appassionati e critici un po' nostalgici. Ma il vuoto che lascia è infinitamente grande. Pur lontanissimo dai clamori e fiaccato dal tumore di cui egli stesso tramite i figli aveva dato pubblica notizia, Frank Zappa non i è mai comportato da soppravvissuto, non ha mai smesso i panni di artista del presente, continuando a rappresentare - nei fatti - una delle sparute reali alternative alle logiche dominanti. Negli anni '60, quando scandalizzare aveva un enso ed esagerare uno scopo, si divertiva a lasciarsi fotografare seduto sul water e a distribuire invettive, dissacrazioni e doppi sensi; ma, nel contempo, nel suo laboratorio dava la stura ad una serie di esperienze, inconui, esperimenti, linguaggi seminali che avrebbero contribuito al trasloco definitivo del rock dai canali dell'intrattenimento o del ribellismo fine a se stesso a quelli della cultura, accompagnandolo nel suo ailluire al cinema, alle arti visive, al cabaret, alla musica classica, al jazz. Ha poi insistito nel suo itinerario di cane sciolto, refrattario ad ogni schieramento, anticipatore per natura e vocazione a costo di alternare tonfi e trionfi, incurante di delusioni e disorientamenti di quanti non riuscivano a seguirlo nel suo incontinente zigzagare di musicista anarchico, crittore satirico, produttore, arrangiatore, discografico, all'insegna dell' absolutely free. Utimamente, cinquantenne placato nei modi ma più che mai vulcanico nell'essenza, Zappa concludeva la sua opera di personaggio diverso impegnandosi in un pignolo lavoro di autocatalogazione e sconfinando ovunque, non più e non tanto per il gusto di trasgredire -sapeva che ormai in quella direzione non c'era quasi più nulla da fare, ne sun muro da sfondare - ma sorretto da una sete insaziabile di andare oltre, di capire, di sapere, di imparare, di confrontare, di spiegare. Con piena competenza tecnica e con quel mix di umiltà ed arroganza, di rigore e corrosività che solo i grandi sanno dosare nella giusta misura. La lezione di Frank Zappa appare tanto più importante e decisiva in questi giorni in cui andare contro assomiglia troppo ad un trend, ad un look da indossare per pararsi il edere nei tempi che cambiano in fretta. Oggi per qualificarsi contro bastano un comodo passaggio televisivo nel programma di culto (eppure "la rivoluzione non sarà teletrasmessa", si gridava all'epoca sessantottina del primo Zappa), strappare un contralto con discografici avvezzi ormai a creare contestatori in provetta così come dieci anni fa creavano i luccicanti manichini della video-musica, vomitare qualche parolaccia meglio se in rima baciata e sopra una base ritmica completamente artificiosa, incitare ipocritamente alla violenza e magari a sparare ai poliziotti. Fauna del genere, finta, banale, clownesca, fa soltanto comodo a chi gestisce il potere. Sono gli artisti come Zappa a creare problemi, a solleticare le rinessioni della gente, a scoperchiare le coscienze. E quando vengono a mancare non è, non può essere soltanto il rock a piangerli.