La lezione di Zappa
By Pino Caffarelli
Questo "Contro" non è
contro qualcosa o qualcuno. E' invece l'omaggio ad un uomo che
per tre decenni ci ha insegnato ad essere contro, nel senso più
pieno ed intelligente della parola: Frank Zappa. Il re dei
matti, il demoniaco sacerdote dei freak, il contaminatore per
eccellenza, è morto ai primi cli dicembre dopo una lunga ed
annunciata malattia. E stavolta con lui non se ne è andata la
popstar, l'idolo da amare cd imitare, l'incantatore di folle. Da
tempo Zappa non vendeva più dischi, non sollevava audience,
trovava risconui solo nella sempre più ristretta cerchia di
amici, vecchi appassionati e critici un po' nostalgici. Ma il
vuoto che lascia è infinitamente grande. Pur lontanissimo dai
clamori e fiaccato dal tumore di cui egli stesso tramite i figli
aveva dato pubblica notizia, Frank Zappa non i è mai comportato
da soppravvissuto, non ha mai smesso i panni di artista del
presente, continuando a rappresentare - nei fatti - una delle
sparute reali alternative alle logiche dominanti. Negli anni
'60, quando scandalizzare aveva un enso ed esagerare uno scopo,
si divertiva a lasciarsi fotografare seduto sul water e a
distribuire invettive, dissacrazioni e doppi sensi; ma, nel
contempo, nel suo laboratorio dava la stura ad una serie di
esperienze, inconui, esperimenti, linguaggi seminali che
avrebbero contribuito al trasloco definitivo del rock dai canali
dell'intrattenimento o del ribellismo fine a se stesso a quelli
della cultura, accompagnandolo nel suo ailluire al cinema, alle
arti visive, al cabaret, alla musica classica, al jazz. Ha poi
insistito nel suo itinerario di cane sciolto, refrattario ad
ogni schieramento, anticipatore per natura e vocazione a costo
di alternare tonfi e trionfi, incurante di delusioni e
disorientamenti di quanti non riuscivano a seguirlo nel suo
incontinente zigzagare di musicista anarchico, crittore
satirico, produttore, arrangiatore, discografico, all'insegna
dell' absolutely free. Utimamente, cinquantenne placato nei modi
ma più che mai vulcanico nell'essenza, Zappa concludeva la sua
opera di personaggio diverso impegnandosi in un pignolo lavoro
di autocatalogazione e sconfinando ovunque, non più e non tanto
per il gusto di trasgredire -sapeva che ormai in quella
direzione non c'era quasi più nulla da fare, ne sun muro da
sfondare - ma sorretto da una sete insaziabile di andare oltre,
di capire, di sapere, di imparare, di confrontare, di spiegare.
Con piena competenza tecnica e con quel mix di umiltà ed
arroganza, di rigore e corrosività che solo i grandi sanno
dosare nella giusta misura. La lezione di Frank Zappa appare
tanto più importante e decisiva in questi giorni in cui andare
contro assomiglia troppo ad un trend, ad un look da indossare
per pararsi il edere nei tempi che cambiano in fretta. Oggi per
qualificarsi contro bastano un comodo passaggio televisivo nel
programma di culto (eppure "la rivoluzione non sarà
teletrasmessa", si gridava all'epoca sessantottina del primo
Zappa), strappare un contralto con discografici avvezzi ormai a
creare contestatori in provetta così come dieci anni fa creavano
i luccicanti manichini della video-musica, vomitare qualche
parolaccia meglio se in rima baciata e sopra una base ritmica
completamente artificiosa, incitare ipocritamente alla violenza
e magari a sparare ai poliziotti. Fauna del genere, finta,
banale, clownesca, fa soltanto comodo a chi gestisce il potere.
Sono gli artisti come Zappa a creare problemi, a solleticare le
rinessioni della gente, a scoperchiare le coscienze. E quando
vengono a mancare non è, non può essere soltanto il rock a
piangerli.