Immortale Zappastory

By Riccardo Bertoncelli

Musica, rock & altro!, May 10, 1995


Nelle settimane scorse Frank Zappa è stato accolto nella Hall of Fame della musica americana, l'associazione ideale che raccoglie gli Immortali della musica rock. Ci è arrivato dopo tante meteoriti della storia rock, lui che era un pianeta, e così grande da essere visibile a occhio nudo a lunga distanza. Ma tant'è: il riconoscimento pubblico non è mai stato un pezzo forte della storia zappiana e poi lui, vecchio burbero autonomista, non era tipo da badare a simili quisquilie.

Dalla sua postazione non più terrena, probabilmente nel luogo, come diceva lui, “dove il tipo con le corna e il forcone conduce i suoi affari”, F.Z. avrà lanciato un tipico mugugno o si sarà magari prodotto nel gesto dell'ombrello che tanto lo divertiva, rara concessione alle sue origini italiane.

Il grande problema di Zappa è sempre stata la diversità, madre della sua complessità. Non se ne trovano tanti di musicisti in grado di praticare con naturalezza e pertinenza il rock, il jazz, l'avanguardia, la canzone pop, che in catalogo possono vantare stupid songs di sanremose demenza a fianco di colte pagine per orchestra capaci di attirare l'attenzione di un Pierre Boulez: e non vengono in mente molti personaggi che in carriera hanno fatto spettacolo nel senso dell'ineffabile F.Z., serissimo “direttore artistico” con l'Ensemble Modern all'Opera di Francoforte così come gli era capitato di essere sarcastico cabarettista nei localini underground degli anni '60.

Di fronte a unita varietà e a una cosi accanita ricerca del “fuori schema”, il pubblico ha sempre reagito con lo sbalordimento e poi con la fuga. Solo per un breve momento, intorno al 1974, Zappa fu discograficamente "caldo" e come per miracolo due suoi dischi, Apostrophe e Overnite sensation, entrarono nelle classifiche: ma si trattò di una coincidenza fortuita e nulla più – non sono affatto gli album più belli, anzi.

Per tutta la sua carriera, Zappa affidò i suoi lavori a uno zoccolo duro di fans diventati con gli anni come adepti di una setta segreta o cultori di una scienza bislacca. La maggior parte di loro era stata folgorata alle origini, negli anni '60, quando con dischi come Freak Out! o Absolutely Free Zappa aveva chiamato allo scoperto tutti i “diversi” della società, proponendo di falsi portavoce dei loro desideri nascosti. Per dare più impatto al suo messaggio, Zappa aveva usato “gli stessi metodi dei pubblicitari, solo al contrario”: si era fatto riprendere nudo su un W.C. con le mutande abbassate, si era vestito da donna in una grottesca parodia dei Beatles con stracci e rifiuti al posto degli abiti preziosi e delle piante colorate del Sgt. Peppers. Per anni il giande pubblico si sarebbe ricordato solo di quello; e ancora oggi, alla voce “Zappa”, l'immaginario collettivo manda ricordi di provocatorio Living Theatre e di rumori beffardi, giusto la filosofia delle Mothers of lnvention in quei turbinosi '60.

Quando lo s'interrogava sull'argomento, Zappa mandava fumi: gli sembrava una colossale stupidità che il pubblico si ricordasse di quei lontani inizi trascurando tutto il moltissimo, e complicatissimo, che era venuto dopo. Aveva ragione, anche se un po' se l'era voluta.

Ma il tempo è galantuomo e non c'è dubbio che la storia della musica, non solo rock, sistemerà le cose, Zappa non verrà dimenticato e finirà nella nobilissima area dei grandi spiriti eccentrici del Novecento.